Goffredo Parise, ‘figlio del peccato’ senza Chiesa
DOI:
https://doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i8.13903Keywords:
Secondo dopoguerra, Goffredo Paris, Ethos, MetaforeAbstract
Il contributo mira a chiarire le trasposizioni metaforiche dell’identità di figlio illegittimo nelle opere dello scrittore-giornalista Goffredo Parise (1929-1986). Questa condizione, considerata imbarazzante nel Veneto cattolico degli anni ’30, viene anche trasformata in una metafora con cui l’autore evidenzia la sua diversità nel campo letterario e intellettuale del secondo dopoguerra. Parise insinua per esempio che la sua identità di “figlio del peccato” gli impedisce di appartenere a una “Chiesa”, termine con cui si riferisce tanto alla religione cattolica quanto all’ideologia comunista, o asserisce di essere senza genealogia nella grande “famiglia” letteraria italiana. L’autoritratto parisiano come figlio di n.n. viene preso in esame nel bestseller Il prete bello, nel racconto incompiuto Arsenico e nel materiale raccolto negli Archivi Parise a Ponte di Piave e a Roma, che include articoli pubblicati sul “Corriere della Sera” e il romanzo inedito La Politica.