Nuto Revelli : la ribellione come creazione.
Dal racconto di sé all’autobiografia dei « vinti »
DOI :
https://doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i5.13503Mots-clés :
Nuto Revelli, Resistenza, fascismo, autobiografia, popoloRésumé
Nuto Revelli scoprì le atrocità della Seconda guerra mondiale sul fronte orientale in quanto alpino. La sua carriera letteraria iniziò immediatamente dopo l’immane catastrofe della ritirata di Russia, nell’inverno 1943. I suoi primi testi sono chiaramente autobiografici e tornano sulla sua gioventù sotto il fascismo, a cui aderisce in un primo tempo prima di combatterlo senza pietà, impegnandosi nella Resistenza fin dall’8 settembre. Fino alla sua morte nel 2004, assistiamo ad una dilatazione della sua sfera analitica, ad un allargamento dall’io al noi. Dagli anni Sessanta i suoi scritti raccolgono le testimonianze orali dei « vinti », specialmente di chi non esiste più politicamente, che si tratti dei soldati caduti o dispersi di cui pubblica le lettere, della società contadina delle Langhe, delle donne migranti, e perfino di un prete ribelle e « giusto » che diviene, in uno degli ultimi libri di Revelli, il suo doppio. Mai Revelli, che definiva se stesso un mero « manovale della ricerca », si accontentò di riunire tali testimonianze secondo il metodo del reportage o dell’inchiesta sociologica, anzi concepì il proprio compito come un dialogo, un atto intersoggettivo : offrire a coloro che non hanno più voce un’occasione autobiografica, confrontando però la propria esperienza alla loro.