La teatralizzazione della memoria.
L’io narrante di Ascanio Celestini: il non dire fra memoria affettiva e intellettiva.
DOI:
https://doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i2.11983Keywords:
Teatro di narrazione, oralità, deautomatizzazione, memoriaAbstract
Celebrare, ritualizzare il passato spesso svuota di senso l’atto di ricordare. Facendo ricorso ad antiche tecniche di trasmissione orale Ascanio Celestini declina dei fatti verificabili, ‘oggettivi’ con l’interpretazione che degli stessi eventi la gente ha elaborato. Celestini, unico interprete in scena, trasforma il suo monologo in struttura drammaturgica: reiterando i temi della narrazione in una spirale discorsiva, creando un dialogo immaginario col fingere di parlare con un altro, e introducendo degli handicap che, inceppando la narrazione, sottolineano dei punti chiave. Inoltre l’uso stravolto di immagini correnti fa rivisitare il senso comune delle parole (vorrei che fosse sbranato dalle lumache, merda cosmica, ecc.). Celestini ricorrendo ad un vasto serbatioio di sapere condiviso e posizionandolo in una prospettiva di deautomatizazione interpretativa, allerta il pubblico a non assopirsi, l’accentuando ironicamente versioni scontate di eventi sociali e storici.