Ascoltare, sentire, non sentire
La voce del silenzio in Pianissimo (1914)
DOI :
https://doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i3.12163Mots-clés :
afasia, sguardo, alienazione, dolore, cittàRésumé
Nell’esperienza sbarbariana l’udito è il senso presente in absentia. Il diario lirico di Pianissimo deriva dall’incapacità di sentire e di sentirsi. Da un lato la raccolta rivela il bisogno urgente di raccontare e raccontarsi, dall’altro denuncia la difficoltà -che presto si tramuta in impossibilità-di sentire e di sentirsi. Pertanto il poeta non più in grado di ascoltare la voce della propria anima, è costretto a rinunciare alla propria essenza, al linguaggio della poesia . Derubato della sua identità, elegge il mondo fenomenico dello sguardo quale unica forma di sopravvivenza e, rinunciando ad ogni forma di trascendenza, si fa cosa tra le cose, aderendo, inevitabilmente, «ad ogni pietra della città sorda».
Questo processo di reificazione, tuttavia, non avviene né senza tensioni, né senza contraddizioni, derivando entrambe dal disagio e dal tormento di chi vive «la tremenda privazione d’ogni consenso con la vita».