Carmelo Bene. Ricominciando dal tramonto del giorno.
La vita stessa altrimenti
DOI :
https://doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i3.12083Mots-clés :
Carmelo Bene, otodrammaturgia, phonè, voceRésumé
Carmelo Bene coglie nella caduta residuale d’un frammento acustico involontario, letterario o poetico, estraneo al soggetto, la possibilità di dar vita a un’infinità di mondi impossibili. Attraverso la rielaborazione d’un accadimento che prende il soggetto costantemente impreparato, nella ripetizione d’una percezione costantemente rinnovata, l’attore, nell’atto del porsi in ascolto, scopre attraverso il dire che l’essere umano è condannato a trovar posto all’interno d’una esteriorità già data che lo precede, da sempre. Non resta dunque al nostro artefice che dribblare le direttive del senso imposte all’essere parlante, operare, all’interno di una sorta di fucina del senso, la materia di cui si compone la phoné, per invocare al grado ultimo della sua arte teatrale l’attenzione d’uno spettatore sordomuto che incapace di restituire l’inaudito è in grado di preservare l’assoluta purezza d’una voce esterna al soggetto che si dica senza intenzione: «Ah soltanto esser solo UNA VOCE!»